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ROBERT EGGERS – Intervista

Written by Roberto D Onofrio

robert eggers

Influenzato dal storie folcloristiche narrate per tradizione orale e, ovviamente, dal processo alle streghe di Salem del 1692, il debutto di Robert Eggers con The Witch, dopo aver raccolto il premio come “Miglior regista” al Sundance, trova la sua premiere al Festival di Sitges 2015.

Ambientato nel New England del 1630, il film segue le orme di una devota famiglia cristiana che si ritrova a doversi reinventare in un ambiente ostile, dopo la scomunica dal villaggio di provenienza dovuta all’arroganza e all’orgoglio del pater familias. Sistemati in una sorta di campo all’apparenza arido come il cemento, limitrofo ad una minacciosa boscaglia, la famiglia tenta di auto-sostentarsi iniziando la coltivazione del terreno. Presto, però, qualcosa di oscuro sembra controllarli, scrutarli, finché il più piccolo della famiglia, Samuel, ancora bebè scompare improvvisamente dalla vista della sorellina, la capra inizia a dare sangue e non più latte e, nel mentre di una caccia, il padre (William) rischia di spararsi nel viso e la madre (Katherine), inizia a sospettare che la figlia più grande (Thomasin, Anya Taylor-Joy) stia invischiandosi con la stregoneria, scatenando una maledizione su tutta la famiglia.

the witch

Gli antefatti si basano sulla prima isteria di massa del New England dovuta ad episodi di stregoneria, avvenuti 62 anni prima del famoso processo alle streghe di Salem. Le riprese sono state effettuate nell’Ontario, Canada, in territori capaci di creare un senso di completa desolazione, calati dentro un’atmosfera disturbante, sottolineata dalla fotografia Jarin Blaschke, capace di mutare ogni frame in una pallida tela ad olio. The Witch esplora mito e superstizione riguardo la stregoneria, in un calderone di folclore, storie fantastiche e stralci di articoli del tempo, tutti esaminati con cura da Eggers che si prefigge (riuscendo) di evocare cimeli del periodo storico, tagli linguistici, costumi, in un chiaro-scuro dettato dalle luci naturali. Racconta Anya Taylor-Joy ”Per emulare con minuzia l’accento dei coloni del tempo, ho ascoltato con attenzione il modo di parlare di Caleb  (Harvey Scrimshaw), il suo accento Yorkshire è servito da guida per impostare la corretta tonalità. Per fortuna riesco ad assorbire con facilità altri accenti.

Il film si muove tra fattezze da horror sovrannaturale e dramma edificato sulle costrizioni imposte dalla religione cristiana in certi anfratti della mente dei fedeli puritani. Via via col procedere della storia, non è mai chiaro se qualcosa di satanico si cela dietro l’angolo e sta per balzare fuori o se è tutto frutto delle visioni nefaste di William e Katherine. Eggers, curatore anche della sceneggiatura, proviene dall’ambiente teatrale e si è imposto negli anni come production/costume designer e art director, focalizzandosi su atmosfere inquietanti, di attesa, più che grottesche e/o sanguinolente, con particolare attenzione a sussurrare la natura del male più che mostrarla nella sua brutalità.

robert eggers roberto d'onofrio

Through the Black Hole incontra Robert Eggers durante la premiere spagnola di The Witch al festival di Sitges,dove si è presentato con la talentuosa protagonista Anya Taylor-Joy. Ecco quello che ci ha raccontato:

The Witch è stato un lavoro non semplice da realizzare, con un lungo percorso produttivo alle spalle. Puoi raccontarci da dove è nato il progetto?
Effettivamente il film ha necessitato di diversi anni di lavoro, passando attraverso molte altre idee che non hanno mai trovato sbocco produttivo a causa del loro taglio particolare, eccessivamente oscuro, così mi sono detto: “Devo pensare ad un genere di film che deve risultare personale innanzitutto a me stesso, se lo realizzo come voglio sicuramente sarà un buon film. Provengo da Lee, New Hampshire, nel New England e il New England ha sempre fatto parte di me, del mio percorso, sin da piccolo mi sono sempre state raccontate storie di streghe nei boschi. Mi stupì come, durante le gite a Salem nel periodo di halloween, scoprii che le streghe non erano reali, che i processi contro di loro non erano stati fatti a Salem bensì in un posto chiamato Salem Village, oggi noto come Danvers. Così influenzato dalle leggende folcloristiche del New England, ho voluto ricreare una sorta di archetipo del New England di quei racconti, qualcosa di spaventoso piombato in una casa puritana. Queste idee hanno rappresentato un ritorno al passato, alla mia fanciullezza, al New England stesso. The Witch ha avuto bisogno di quattro anni per trovare i finanziamenti necessari e sono stato fortunato a trovare chi volesse scommettere nella mia idea, garantendomi la libertà che un progetto del genere necessitava.

La strega che rapisce il neonato sembra in grado di tramutarsi in animale, ci racconti la sua genesi e i suoi reali poteri?
Ho fatto diverse ricerche sulle credenze popolari delle streghe nel periodo storico narrato del New England e dell’Inghilterra stessa, dei luoghi di origine della famiglia filmata, per cui tutto è frutto di racconti, non ho dovuto inventare nulla sulle streghe. Crescendo nel New Hampshire non è stato difficile immaginare la vita del diciassettesimo secolo, inoltre ho effettuato molte ricerche, ampliando le mie idee visionarie con letture della letteratura del periodo, di vecchi diari e di lettere dal passato come la “Geneva Bible” (una delle più note traduzioni della Bibbia in inglese, ndr) o i “pamphlet” sulle streghe del periodo elisabettiano. Ho anche trascorso diverso tempo alla Plymouth Plantation in Massachussetts. Svariate letture da fonti diverse sono mi hanno aiutato a ricostruire atmosfere e scenari, comprendendo le diverse influenze del calvinismo inglese, il retroterra culturale delle persone del periodo e che vivevano in quei luoghi e il tipo di vita svolto in campagna. Mi sono anche, ovviamente, affidato ad un gruppo di esperti. E’ scioccante il rendersi conto della mole di documentazione reperibile sulle streghe, della potenza immaginifica, dell’esotismo e delle bizzarrie descritte o suggerite su di loro nel corso dei secoli. Ho anche scovato un resoconto di una donna messa sotto processo per aver dato una mela avvelenata ad una ragazza, e questo molto prima della scrittura di Biancaneve. Altre importanti influenze provengono dai fratelli Grimm e dalle illustrazioni. Incredibile rendersi conto di come, per parecchia gente, il mondo delle favole e la realtà si confondevano divenendo la medesima cosa.

Anya Taylor‑Joy roberto d'onofrio

Ho trovato il dramma familiare più spaventoso delle scene sovrannaturali, specialmente nei momenti di confronto tra i membri della famiglia. Ti è risultato naturale costruire determinate situazioni?
Credo che il dramma “familiare” sia la più interessante delle derivazioni drammatiche da analizzare. Pensa ad “Amleto” o a “Re Lear”, notoriamente riconosciuti come le opere più riuscite di Shakespeare. Inoltre, quando le dinamiche familiari diventano strane, bizzarre, si raggiunge il massimo del terrore. La mia immaginazione è anche influenzata dalle vecchie case di bambole, cosa che ho cercato di riversare nella struttura stessa della casa in campagna, e la possibilità di avere avuto tempo per effettuare diverse prove, nonostante il budget, ha aiutato l’intera troupe ha costruire la famiglia puritana. Sicuramente la figura del padre, interpretata da Ralph Ineson, ha portato molto al film, così come la sorprendente e vulcanica interpretazione di Kate Dickie, la madre, che si è immersa totalmente nel ruolo, senza dimenticare il fantastico lavoro di Anya, al suo primo ruolo importante.

La religione ha avuto un ruolo di rilievo nella costruzione del film …
E’ stata la base  su cui edificare l’intera storia. Il New England è stato fondato da calvinisti estremisti, perciò mi è subito sembrato il modo corretto di indirizzare il racconto. Leggende, storie di fantasmi, mitologia e religione, sono materie dai contorni molto oscuri, mi sono sempre sentito a mio agio nei loro meandri.

Esiste una nutrita schiera di persone che gironzolano nello showbiz che non lavorerebbero mai con bambini o animali, tu hai fatto entrambe le cose. Come ti sei trovato?
Sapevo che la regia del film sarebbe stata complicata, necessitando di persone capaci di credere e di prendersi cura l’un l’altro, così insieme al responsabile del casting, Kharmel Cochrane, abbiamo espanso la ricerca al nord dell’Inghilterra, in quanto sapevamo che sarebbe stato cruciale trovare protagonisti con un forte accento dei luoghi. Sono stato abbastanza fortunato da trovare non solo persone in gamba ma anche in sintonia con il progetto, per cui il lavoro di squadra era piacevole. I ragazzi sono stati fantastici e non è stato difficile lavorare con loro, l’unico vero ostacolo è stata la ridotta durata delle riprese, difficili da schedulare anche perché avevamo bisogno del giusto clima e, oltretutto c’era parecchio freddo. I bambini conoscevano una versione edulcorata della trama di The Witch e vedevano nella scena molti manichini: “Stai fermo lì, apri un po’ la bocca, respira“, poi aggiungi una strega, della musica e tutto diventa terrificante. Il più piccolo degli attori non ha ancora visto il film, gli altri sì. Posso dirti che alle volte è più facile lavorare con i bambini che con certi adulti. Riguardo gli animali, invece, è stato un incubo: i corvi e le lepri erano state ben addestrate e tutto è andato liscio, ma se parliamo delle capre … è stato terribile, dato che si tratta di animali stupidi, difficili da addestrare. Alla fine di ogni scena con animali, chinavo il capo e incrociavo le dita.

the witch

La direzione artistica è assolutamente certosina: scenografie, costumi, tutto è riprodotto in maniera autentica. Dove hai diretto il film e come sei riuscito a ricreare il periodo storico?
Abbiamo dovuto dirigere il film in Canada, in quanto il New Hampshire non ha un sistema di incentivi come quello del Canada che sostanzialmente ha pagato metà film. La città di Kiosk, nell’Ontario del nord, cittadina sperduta che ci ha ospitati per ventisei giorni di riprese, qui abbiamo trovato un campo aperto circondato da pini bianchi e cicuta. Questa zona di riprese era remotissima, popolata da circa sessanta anime, con la città più vicina piccola e sperduta uguale: ciò ha significato ottima atmosfera ma anche assenza di qualsiasi servizio: wi-fi, telefoni pubblici, e generici problemi logistici. Il production designer, Craig Lathrop, ha svolto un lavoro incredibile ricostruendo tutte le case, dato che in quei luoghi non esisteva più nulla. Una squadra di agricoltori-carpentieri del luogo ci ha aiutati, in una sorta di salto indietro nel diciassettesimo secolo, suggerito dallo spirito di adattamento di queste persone. Dato che il film è principalmente diretto all’interno della fattoria, abbiamo sfruttato caratteristiche delle case del luogo, come le assicelle di rovere preparate manualmente per ricoprire le strutture delle case, tecnica architetturale inesistente in Canada. Gli indumenti, invece, sono stati realizzati da Linda Muir, che spuntava continuamente con nuovi modelli di vestiti.

Il tuo film è ispirato ovviamente al processo di Salem, raffigurante le streghe e le loro malefatte. In qualche modo giustifichi la loro persecuzione?
Non credo che il film volesse invalidare i processi avvenuti a Salem, anche se diverse donne furono accusate e torturate ingiustamente. Sicuramente l’ambiguità che ci fu ai tempi è un elemento che ho volontariamente mantenuto, giocandoci per lasciare spazio libero all’interpretazione. Sono stato anche influenzato dai racconti fiabeschi, data la loro interpretazione multi-livello presente anche nei cartoni della Disney, così attuali anche al giorno d’oggi. La domanda che sto ponendo col film è: qual è il significato recondito presente nella figura della strega nella società di oggi?

I colori grigi dei paesaggi e la fotografia dark aggiungono la giusta inquietudine all’atmosfera del film, quali tecniche hai utilizzato per realizzarli?
Devo dire che il grosso dei meriti vanno al direttore della fotografia Jarin Blaschke, che mi ha affiancato in altri due precedenti cortometraggi, creando il tono minaccioso di cui The Witch necessitava. A parte le scene notturne in esterna, è stata utilizzata solo luce naturale e fiamme: abbiamo utilizzato principalmente luci naturali per le esterne, mentre per tutte le interne in notturna abbiamo sfruttato una singola fiamma costruita con stoppini realizzati per l’occasione, in grado di conferire la giusta esposizione. Per l’unica scena con il corvo, abbiamo sfruttato bulbi elettrici tremolanti dato che il fuoco avrebbe spaventato l’animale. Fonte di ispirazione per ricreare le atmosfere fantastiche: i dipinti di Goya e le illustrazioni delle favole della Golden Age.

Quali registi ti hanno maggiormente influenzato?
Sicuramente Bergman e Dryer, puoi vedere le loro influenze in The Witch. Impossibile non citare uno dei film che ho visto e rivisto più volte nella mia vita: Shining. Un altro importante cineasta a cui sono debitore è Murnau. Solo adesso mi rendo conto che mi piacciono molti registi defunti!

nosferatu eggers

Ho sentito che hai in programma il remake di Nosferatu. Sul tuo sito, infatti, hai pubblicato alcuni disegni a riguardo, puoi anticiparci qualcosa?
Nosferatu arriverà sicuramente nel futuro ma non è ciò a cui mi sto attualmente dedicando. Il remake non avrà nulla a che fare con il film di Werner Herzog ma si ispirerà all’originale di Murnau, il cui script sarà da me ri-editato. Adesso mi sto dedicando a un film incentrato sui cavalieri medievali, un fantasy con angeli e demoni, dal titolo provvisorio “The knight”. Come in The Witch, conterrà un retroterra di credenze popolari. Il film è ancora in pre-produzione, avrà un respiro epico ed è un qualcosa che ho sempre desiderato fare ma che solo la versione di me stesso adulto ha potuto finalmente concepire.

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Posted in Interviste by Roberto D Onofrio on agosto 22nd, 2016 at %H:%M.

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