Through the Black Hole » THE BLAIR WITCH PROJECT – Daniel Myrick, Eduardo Sanchez

THE BLAIR WITCH PROJECT – Daniel Myrick, Eduardo Sanchez

Written by Lunatika
RANK: 7/10

Nell’Ottobre del ’94 viene divulgata la notizia della scomparsa di tre ragazzi nei boschi vicini il villaggio di Burkittsville, nel Maryland, una volta chiamato Blair. Il film nasce dal montaggio di nastri e pellicole, rinvenuti negli stessi boschi dove i tre sventurati si recarono per documentare una ricerca legata alla leggenda di Elly Kedward, una vecchia del luogo vissuta alla fine del ’700, colpevole si dice della scomparsa di alcuni bambini e di altri fatti così efferati da guadagnarsi l’appellativo di “Strega di Blair”.

Ciò che accadrà in seguito ci farà domandare se la sua sia stata una definitiva dipartita o se lo spirito calchi ancora quei sentieri …

La via intrapresa, sebbene si parli di un prodotto molto personale e nuovo nel suo genere, ci ricorda quella di un mockumentary in chiave horror, ovvero il racconto di eventi creati espressamente in funzione della trama ma che in realtà non sono reali.

Sebbene il film rappresentasse al suo lancio nelle sale un’assoluta novità, dovuta anche a una campagna pubblicitaria astuta che si avvalse di un sito web assolutamente all’altezza del compito, non furono però i due registi esordienti e la loro fantomatica strega i capostipiti di questo fortunatissimo genere;  ricordiamo infatti tutti il celebre Cannibal Holocaust targato 1980, il cui regista Ruggero Deodato denunciò chiare analogie con la sua creatura: la ripresa  in soggettiva e la ricerca dei reporter scomparsi tra le più evidenti, analogie che quasi lo indussero a portare il tutto in tribunale per plagio.  Nonostante questo, è da Burkittsville che ha inizio la vera ossessione per questo particolare uso della telecamera e i finti ripetuti ritrovamenti di materiale audiovisivo, che darà vita a produzioni come Cloverfield e l’ottimo Il quarto tipo.

Attesa e ricerca sono le costanti caratterizzanti quasi tutta la durata della pellicola, un attesa fortunatamente non noiosa, almeno per chi ha vissuto attivamente la martellante e se vogliamo a tratti macabra campagna pubblicitaria pre uscita, e attesa più estenuante per uno spettatore all’oscuro dei trascorsi di Elly Kedward e della sua piccola comunità falcidiata da scomparse e omicidi. Il cardine portante della trama è senz’altro l’atmosfera che va a colmare egregiamente una totale assenza di effetti speciali e grovigli di sangue, un clima teso dove il tempo è scandito lentamente dalla ricerca di qualcosa di cui è piuttosto palese si abbiano solo delle idee confuse e approssimative.

Questo aspetto, che da un lato crea una notevole suspence per l’assenza di un filo da seguire, dipingendo una sorta di strada verso l’ignoto dove sta allo spettatore costruire le radici della propria paura, difetta almeno per i cineasti meno inclini a questo genere di psicologia dell’orrore, in quanto il punto focale attorno al quale ruotano timore e raccapriccio latita per troppo a lungo e l’attenzione di chi osserva non focalizza una meta precisa, una sorta di perenne vagare dove non c’è luce ma tantomeno oscurità, motivo per cui siamo di fronte a un film che divide nettamente chi lo guarda, estromettendo giudizi miti.

Il continuo peregrinare dei tre dispersi nella medesima situazione di smarrimento, sovrastati dallo stesso angosciante paesaggio passo dopo passo, albero dopo albero, crea una situazione quasi claustrofobica che ha il suo culmine con il calare della sera dove l’unico riparo è una tenda da campeggio, la sola barriera tra i fuggiaschi e un ignoto senza forma ne nome … gemiti e urla … voci che quasi sembrano un invito e la paura, quella vera, di tenere gli occhi aperti. Questa totale impotenza che pare solo un preludio alla fine, è resa magistralmente dalla fitta selva di altissimi alberi che li attornia rendendoli ancora più indifesi innanzi a tanta forza, una morsa che insieme alla fame e al freddo pare avvinghiarli sempre più saldamente.

Le interpretazioni dei tre protagonisti sono assolutamente in linea con l’idea di base dalla quale si parte, tutto è assolutamente naturale e improvvisato come si dice siano stati anche i dialoghi, per questo viviamo la ricerca della strega come se fosse la nostra missione della giornata, e la stessa persistente inquietudine. L’unica critica che possiamo muovere in relazione alla mancata incisività per una buona metà del film, viene dalle riprese dei passanti circa la leggenda di Elly. Quello che poteva essere il giusto espediente per ingolosire anche uno spettatore del tutto ignaro di questo fenomeno mediatico, resterà invece una marginale introduzione priva di elementi interessanti ai fini della storia, supposizioni dette a spizzichi e bocconi del tutto ininfluenti e accattivanti.

Un prodotto senza dubbio da vedere ma in particolare da rivedere, perchè diversi aspetti difficilmente vengono colti con una sola visione, e per i più impazienti un invito ad attendere un finale senza dubbio meritevole.

RANK: 7/10
Regista/Director: Daniel Myrick, Eduardo Sanchez
Cast: Heather Donahue, Joshua Leonard, Michael C. Williams
Usa 1999

Posted in Horror by Lunatika on novembre 2nd, 2011 at %H:%M.

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