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TULPAN – Sergei Dvortsevoy

Written by Pina Grimaldi
RANK: 8.5/10

Questa è la storia di Tulpan, la ragazza che non c’era, ma soprattutto è la storia di Asa (Askhat Kuchinchirekov) che, terminato il servizio militare nella marina russa, si arena nella desertica steppa del Kazakistan, la più grande nazione senza sbocco sul mare, che deve la sua economia specialmente a uranio e petrolio.

Asa viene accolto dalla sorella Samal (Samal Yeslyamova), dal suo scontroso marito, il pastore nomade Ondas (Ondasyn Besikbasov), e dai loro tre piccoli figli. Tutti vivono insieme nella yurta, in cui si cucina, si mangia, si gioca, si canta, si ascolta la radio, si dorme … al riparo da tutto e nulla.

Asa è testardo (come solo un giovane ambizioso è in grado di essere), troppo impaziente (vuole tutto e subito), legato a sua sorella e alle sue radici (in fondo non è così forte e solitario come crede), ma nonostante ciò si sente un intruso, incompreso, impotente, abbandonato a se stesso in mezzo al nulla. Asa cerca Tulpan, cerca una moglie, un gregge, un sogno e un posto nel mondo, ma trova soltanto tempeste di polvere in distese senza fine.

L’alternativa (forse l’unica che ha) è andare in città con un amico (forse l’unico che ha), raggiungendo la civiltà e lasciandosi alle spalle la desolazione ma anche famiglia e sogno (forse l’unico che ha). Necessita di una moglie per diventare un pastore, così dopo aver percorso tanta strada insieme al cognato, con un lampadario “molto utile” e dieci pecore in dote, chiede la mano della ragazza misteriosa che non si mostra. Coltiva un sogno di nome Tulpan ma, purtroppo per lui, lei coltiva un altro sogno e lo rifiuta con un pretesto: Asa ha le orecchie troppo grandi e non le importa se sono come quelle del principe Carlo d’Inghilterra (!).

A nulla servono la divisa da marinaio (che diventa una tela su cui disegnare i suoi desideri, come per catturare delle stelle cadenti) e le storie di un polpo gigante, di cavallucci marini e altre creature straordinarie che ha combattuto (proprio come un principe disneyano che, sconfitto il drago, conquista la sua bella principessa). Il nostro “principe della steppa”, nonostante gli sforzi e la caparbietà, non riesce a fare breccia nel suo cuore, a convincerla o a mostrarle le stelle cadenti che, disegnando, ha intrappolato sul bavero della sua divisa … non riesce a sfiorarla o sentire la sua voce, così come non riesce a vederla. Lei, invece, può sbirciare attraverso le tende, può sentire e decidere … lei può, lei è Tulpan, lei è l’unica “principessa della steppa”.

Il tulipano è il simbolo dell’amore perfetto e del successo, eppure la sua Tulpan c’è ma non c’è, è un fiore che non può (e non vuole) essere colto, è un miraggio nel deserto; sostenuta dalla madre ha altri progetti: mettere radici in città. Lei è lo specchio di un popolo nomade che, con le sue tradizioni, sembra immutevole per omnia saecula saeculorum, tuttavia è minacciato dai suoi stessi figli, ormai attratti dal richiamo del progresso che, come il pifferaio magico, li incanta per condurli in città. Il loro destino, chissà, sembra già scritto, così come celato nella parola “Kazaki” il cui significato è “indipendente”, “libero”, “nomade”. Vagabondo sulla Terra, vagabondo nella steppa, vagabondo nei suoi pensieri, vagabondo nella sua anima, vagabondo nei suoi sogni, vagabondo nel suo cuore, vagabondo e in bilico, deve decidere se continuare a credere in un sogno polveroso o se è meglio camminare sull’asfalto.

La produzione tedesco-svizzero-kazaka-russa-polacca, il regista kazako Sergey Dvortsevoy, la camera a mano e la fotografia limpida, ci mostrano una storia che narra di un popolo nomade, di una terra arida, di un cammello ferito, di pecore affamate, di mucche, di asini che copulano, di tre fratelli che non giocano mai insieme e di agnelli nati morti … la vita e la morte, la natura che fatica, come l’uomo, in una costante lotta per la sopravvivenza. L’insieme è avvolto dall’innocente voce della piccola Maha (Mahabbat Turganbayeva) che, come uno stargate, ci catapulta in un altro mondo, ci fa sentire odori sconosciuti, assaporare formaggio di pecora, respirare polvere e riflettere.

La voce della radio del buffo amico di Asa genera tutt’altre atmosfere, gracchiando continuamente e a massimo volume Rivers of Babylon di M. Boney nella versione disco dei Boney M: «When the wicked / Carried us away in captivity / Requiering of us a song / Now how shall we sing the Lord’s song in a strange land». Diverse anche le atmosfere evocate dalla voce di un’altra radio che annuncia: “nel 2030, secondo le previsioni di un ministro, il Kazakhistan sarà la perla dell’Asia centrale”.

Azzeccata la scelta degli attori, ognuno così peculiare, come l’amico di Asa (Boni), il veterinario e i genitori di Tulpan; anche se l’unica professionista è Samal, all’epoca diciannovenne attrice di teatro.

Un mese prima delle riprese tutti hanno vissuto nella yurta per immedesimarsi meglio nei personaggi, compreso il più piccolo del gruppo che non ha avuto problemi di adattamento, è stato lasciato libero insieme al cagnolino bianco e gli altri animali. Vincitore nella sezione Un cartain régard a Cannes e del premio come miglior film al Tokyo Film Festival, Tulpan è un film-documentario al contempo genuino, emozionante, struggente, comico, drammatico, echeggiante, poetico, un film senza un vero copione, un film che … segue il vento.

RANK: 8.5/10
Regista/Director: Sergei Dvortsevoy
Cast: Ondas Besikbasov, Samal Esljamova, Askhat Kuchencherekov, Tolepbergen Baisakalov
Germania 2006

Posted in drammatico by Pina Grimaldi on ottobre 2nd, 2012 at %H:%M.

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