Through the Black Hole » THE GREEN INFERNO – intervista a ELI ROTH

THE GREEN INFERNO – intervista a ELI ROTH

Written by Roberto D Onofrio

The Green Inferno sembrava essere calendarizzato, una data d’uscita all’orizzonte dopo le consuete proiezioni ai festival nel 2013. La data fissata era il 5 Settembre dell’anno successivo, ma improvvisamente il film viene cancellato dai programmi e rinviato per problemi promozionali della Worldview Entertainment.

Quando nel Giugno del 2014, Christopher Woodrow, CEO della compagnia, abbandona la stessa, la nuova dirigenza mette un fermo alle spese, divenendo restia a finanziare una campagna pubblicitaria plateale. Il risultato di questo stop spinge The green inferno a cadere nel limbo, senza alcuna data di uscita fino a quando, compare Jason Blum e la sua casa di distribuzione , la BH-TILT.

Così, dopo tante tribolazioni, il tributo di Eli Roth al cannibal movie italiano in generale, e a Ruggero Deodato in particolare, debutta su un centinaio di schermi negli Stati Uniti il 25 Settembre, un giorno dopo rispetto all’Italia, grazie all Midnight Factory, la nuova costola della Koch Media che raccoglie le produzioni horror. Dopo tutte queste traversie distributive, è improbabile che il programmato sequel Beyond the green Inferno, diretto dall’amico di Roth Nicolas Lopez verrà mai messo in produzione.

Regista produttore e attore, Eli Roth sembra aver trovato la sua personale Hollywood nel Cile, dopo aver incontrato il regista cileno Nicolas Lopez al film festival di Los Angeles circa quattro anni prima, mentre Lopez stava girando Promedio Rojo. I due sembrano aver fatto squadra, sia professionalmente sia personalmente, costruendo una solida amicizia e una fruttuosa collaborazione che ha prima dato alla luce Aftershock, un ibrido disaster movie-horror, basato su eventi realmente avvenuti durante il terremoto di magnitudine 8.8 che colpì il Cile nel 2010, diretto dal filmmaker latino americano e prodotto/interpretato da Roth, e poi con il recente The Green Inferno, un sorprendente, appetitoso, revival dello scioccante sottogenere cannibal, al culmine della popolarità tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80.

The Green inferno segna il ritorno dell’autore di Hostel alla sedia da regista, dopo sei anni di vuoto durante i quali si è tenuto occupato producendo (The Last Exorcisme, The Sacrament) scrivendo (The Man With The Iron Fists, Aftershock) e recitando (Inglorious Bastards, Que Pena tu Familia). Ossessionato dai film diretti dai maestri Italiani dell’horror, in cima alla lista Ruggero Deodato e Umberto Lenzi, Roth ne omaggia le gesta e ne esplicita l’omaggio nei credits finali, dove ne nomina esplicitamente la maggior parte.

In The Green Inferno Roth porta ancora una volta un gruppo di studenti del college in un luogo lontano (nel bel mezzo di una foresta in Cabin Fever, in est Europa in Hostel) mettendoli di fronte ad un incredibile orrore. Scritto a quattro mani da Roth e Guillermo Amoedo, l’incipit mostra una giovane studentessa, Justin (Lorenza Izzo), figlia di un potente diplomatico delle Nazioni Unite, che si unisce ad un gruppo di attivisti ambientali operanti  nel suo stesso campus, per combattere contro la deforestazione in Amazzonia. Trainati dal carismatico Alejandro (Ariel Levy), il gruppo s’infiltra tra gli addetti al disboscamento di una fetta della foresta peruviana e si incatena alle ruspe, per mostrare al mondo la eradicazione del territorio e degli ignari abitanti del luogo. La missione ha successo ma l’aereo dei protagonisti, che dovrebbe riportarli alla civiltà, è sabotato con conseguente disastrose. I sopravvissuti vengono trovati e catturati, ironicamente dalla stessa tribù locale che volevano salvare dal disboscamento, che li porta nel loro campo dove divengono la portata principale.

Girato negli stessi luoghi dove Werner Herzog filmò Aguirre: furore di Dio, con sorprendenti riprese, esaltate dal direttore della fotografia Antonio Quercia, Roth ingaggia pure una reale tribù di una remota area de Perù, per infondere maggiore realismo. The Green Inferno beneficia, inoltre, di un impressionante lavoro di special FX realizzati dal team della K.N.B., gestito da Greg Nicotero e Howard Berger, e di una inconsueta (per il genere horror) soundtrack orchestrale, scritta da Manuel Riveiro.

Mentre Ruggero Deodato ha pervaso il suo più famoso film (Cannibal Holocaust) di un realismo tale che spettatori e polizia pensavano di vedere un autentico snuff movie (inclusa la voce che molti degli attori fossero davvero stati uccisi durante le riprese), tanto che fu arrestato con l’accusa di omicidio volontario, Roth vira più volte verso l’ironia, ed è quasi impossibile prendere la storia seriamente dato che è costantemente pervasa da humour nero e gag divertenti. Inoltre, anche se Roth e Lopez hanno dichiarato di aver studiato approfonditamente la figura del cannibale, lo script è zeppo di inesattezze antropologiche ed i nativi sono presentati in maniera ai limiti del caricaturale, pranzando con carne umana, cucinando e spartendosi le vittime come fosse un tacchino nel giorno del ringraziamento.

The green inferno

Di seguito la chiacchierata con Eli Roth, raccolta per Through the Black Hole alla prima Europea di The Green Inferno, durante il Film Festival di Sitges.

Dopo più di 10 anni come regista, qual è oggi il tuo approccio al momento di cimentarti con un nuovo film?
(Eli Roth) Ho sempre pensato ai film come da destinarsi ad un pubblico il più ampio possibile,nonostante pensi sempre sia alla storia sia al livello di violenza adeguato alla storia stessa. Hostel era molto incentrato sulle persone che cercano piacere sessuale dominando un’altra persona, The Green Inferno è focalizzato sullo scontro tra due culture: i ragazzi con i loro moderni smartphone da un lato, gli indigeni dall’altro. Voglio sempre che la gente che guarda un mio film si chieda cosa star per accadere, l’avvenimento del prossimo giro. Quindi film ideato per un pubblico sempre più ampio possibile sì, ma senza mai diluire la storia.

Da dove è venuta la scintilla per redigere lo script del film?
Amo i cannibal movies, specialmente quelli diretti da Ruggero Deodato, e ho sempre voluto farne uno. Ho scelto questo sottogenere per il mio ritorno alla regia, ma inizialmente non avevo una storia. Così ho pensato all’attivismo studentesco, dove la gente vuole fare la cosa giusta secondo la propria coscienza ma, al contempo, evitare seccature: è più facile schiacciare il tasto di re-tweet sullo smartphone e dire: “ok sono una brava persona” piuttosto che prendere una posizione per una causa. Voglio dire, che peso ha il tuo tweet in confronto a tutti gli eventi che infestano una normale settimana mondiale, bersagliata da eventi gravi come la situazione in Siria o importanti come il movimento di liberazione delle Pussy Riot ?

Questi ragazzi si appassionano ad una causa solo perché è sexy, non si prendono davvero il tempo di conoscere l’argomento. Guardando gli studenti coinvolti in cause su Twitter o Facebook, guardando come le persone re- tweettano “Salva la foresta pluviale” o “Salva i delfini “, ho iniziato a scrivere la sceneggiatura. Nel medesimo periodo è uscito il video virale Kony 2012, realizzato per contribuire a catturare l’africano signore della guerra Joseph Kony. Un video da oltre 100 milioni di visite in meno di una settimana … e fu come “ecco, il mio film sarà su questo”. Pensa a tutte quelle visualizzazioni su Youtube, tutte quelle condivisioni, tutte quelle maglie vendute, tutti quei tazzoni, e poi quel ragazzo che si masturbava per strada e Kony è ancora libero … e tutto questo non ha significato un cazzo. Niente assolutamente niente, tutto completamente inutile. Ok sì, ha sollevato la coscienza, ma che importa? Non lo hanno ostacolato, non l’hanno fermato. Voglio esprimere la mia convinzione che il moderno attivismo è pigro e falso. E’ quello che io chiamo “autosoddisfazione” o “reattivismo”: la gente ha il potere di prendere parte a queste cause senza alcuno sforzo.

In realtà volevo scrivere di studenti molto intelligenti e svegli come il personaggio di Justine, interpretato da Lorenza Izzo, il cui padre è un avvocato, fa le cose secondo legge, ma la nuova generazione pretende una scorciatoia, vuole fare le cose in fretta, e io voglio mostrare cosa accade a questi ragazzi quando sono coinvolti in un qualcosa che non conoscono, di cui, in realtà, non hanno interesse nel farsi coinvolgere. Così ho scritto di questi studenti attivisti che vogliono salvare tribù in Amazzonia, dove alcune imprese si addentrano alla ricerca di gas naturale, cacciandone la popolazione, distruggendone i villaggio e raschiandone via le risorse naturali.

Questi studenti vogliono fermare tutto, s’incatenano agli alberi, protestano, mettono in rete, taggano e questo funziona, realmente riescono a far fallire l’operazione. Poi sulla via di casa il loro aereo precipita e per la gente che li salva, è come: “Ah, cibo! Grandioso!” E’ come un pranzo gratis e i ragazzetti sono portati indietro nell’ovile tra assoluti  barbari, uomini primitivi, persone che non hanno avuto nessun contatto con il mondo esterno. Ho preso questi ragazzi da New York City, una città sicuramente hi-tech, li ho spogliarli di tutto, scagliandoli in mezzo alla giungla con gente che li vede solo come carne da macello.

Ritornando a parlare di Deodato, di cui mi risulta tu sia amico, sembra che The Green Inferno sia molto diverso dai suoi Cannibal movie…
Si ho scoperto Cannibal Holocaust quando avevo 19 anni in un negozio di laserdisc e rimasi scioccato di non averne saputo nulla. L’unico film del genere uscito nel posto in cui vivevo, Boston, era Cannibal Ferox di Umberto Lenzi, che negli USA era stato intitolato Make Them Die Slowly. Mi ricordo che da bambino, guardavo dei film e sentivo dire che erano stati interpretati da criminali condannati perché nella realtà avevano ucciso delle persone! Guardando Cannibal Holocaust, ero pienamente convinto che avessero impalato su una picca una ragazza!

Ruggero Deodato è stato di fianco a Roberto Rossellini, ha davvero imparato da lui, ha lavorato su Roma città aperta assorbendone gli insegnamenti del neorealismo italiano e li ha applicati al genere horror. Se c’era un modo per me di esprimere il mio amore per lo scioccante  Cannibal Holocaust, diventato famoso tra gli anni ’70 e ’80, era quello di fare questo film; un genere perduto, bistrattato dalla critica per molti anni, ma che tutt’oggi non ha perso il proprio fascino, pensa ai dodicenni che indossano magliette di Cannibal Holocaust e Cannibal Ferox! C’è qualcosa in questi film che ha vissuto a lungo che è ancora scioccante, fresco ed eccitante. Mi piace Cannibal Holocaust, è uno dei miei film preferiti di sempre, ma ho voluto dirigere qualcosa di più, basandomi su lavori come The New World, The Mission, o Aguirre: furore di Dio, senza perdere altre fonti di ispirazione come Fitzcarraldo. Ho rappresentato la lotta tra culture, senza usare l’espediente abusato del found footage e aggiungendo alcuni momenti comici per alleviare la tensione.

So che hai ingaggiato una reale tribù Peruviana, quanto è stato difficile girare in una parte del mondo così remota?
Volevo filmare un posto che fosse davvero in Amazzonia, realmente fuori dalle mappe. Lo abbiamo esplorato in estate, abbiamo attraversato il fiume per ore e ore, raggiungendo luoghi dove nessuno era mai stato, sino ad un villaggio dove non c’era elettricità o acqua corrente, dove vi erano capanne di paglia e dieci persone in una baracca che ignoravano l’esistenza della televisione. Non avevano mai visto nemmeno i cubetti di ghiaccio, era incredibile, sembrava uno scorcio del passato!

Sembrava davvero di essere nel film di Terence Malick o Apocalypto. Ci siamo presentati lì e ho detto al mio produttore: “Possiamo girare qui?” E lui ha detto : “Dobbiamo dir loro che cos’è un film”. Non hanno mai visto un televisore, non hanno mai sentito parlare di un film.” Ho mostrato loro la mia cam, era la prima volta che ne vedevano una, abbiamo dovuto spiegare loro quello che stavamo facendo, così siamo tornati con un televisore e un generatore e abbiamo mostrato all’intero villaggio Cannibal Holocaust. C’erano dei bambini di cinque anni, il cui unico riferimento per un film è adesso Cannibal Holocaust. Fortunatamente gli abitanti del villaggio hanno pensato fosse una commedia, la cosa più divertente mai vista,  e hanno accettato di interpretare i cannibali del film.

Così abbiamo avuto l’intero villaggio come cast e una lingua misconosciuta come il quechua! E’ stato bello parlare con queste persone, ogni bambino del villaggio è presente nel film, siamo diventati amici con tutti i bambini e tutti gli anziani che, alla fine, si sono messi a giocare con iphone e ipad. Abbiamo completamente contaminato il sistema sociale e li abbiamo fottuti! E ‘stata un’esperienza incredibile: vivere lì per un mese, con cinque ore di viaggio al giorno e delle condizioni che alle volte erano molto molto pericolose: ci sono state alluvioni, rocce scivolose, tarantole, serpenti e altri animali tra i piedi, cavalli, insetti e 43 gradi. Lorenza, che ha interpretato un ruolo anche in Aftershock, è stata divorata dagli insetti. Ti svegliavi e zanzare e formiche ti avevano morso il viso, dovevamo dormire completamente coperti dalla testa ai piedi o ci avrebbero divorato. Al ritorno ognuno di noi si è dovuto sottoporre all’antiparassitario. Ma le riprese sono state incredibili. Ognuno si alzava ogni giorno alle 4:45, prendevamo la Land Rover, poi le barche per attraversare il fiume, oltrepassare il villaggio e andare nella giungla. Abbiamo attaccato le telecamere su un elicottero, lo abbiamo fatto volare per l’Amazzonia, raccogliendo riprese che lasciano a bocca aperta; non ci sono mai state telecamere là dove siamo arrivati noi.

Ma abbiamo anche sistemato ogni capanna nel villaggio, mettendo metallo ondulato su tutti i tetti. Ed era tutto ciò che gli indigeni volevano, perché se avessimo dato loro i soldi non avrebbero saputo cosa farci, come spenderli. Vivono in case di paglia e piove, in questo modo davvero sono cambiate le cose per loro.

The green inferno

La prima vittima dei cannibali muore in un modo talmente cruento da sembrare quasi parodistico. Come mai questa scelta per una scena così importante?
Credo che, in un film come questo, tutti siano in attesa di questa scena chiave, così l’ ho ritardata il più a lungo possibile, con la prima parte della storia che si svolge a New York, in un luogo sicuro, in modo che il crescendo fosse ancor più sentito. Si tratta della scena più potente, deve essere shockante e accompagnarti per il resto del film, quindi abbiamo studiato come si comportano realmente le tribù in caso di invasori: ci sono tribù amazzoniche che arrivano a rapire gli operai delle aziende petrolifere e del gas, e li tengono in ostaggio per usarli nei negoziati. Abbiamo, inoltre, osservato diverse tribù con i rispettivi rituali notando che accade che uccidono la persona più anziana della tribù, nel modo più brutale. Non abbiamo sottovalutato nemmeno National Geographic.

Gli aspetti gore sono uno dei momenti più importanti del film, quello per cui la gente paga, quindi ci dedico molto tempo, infatti mi ci sono voluti due giorni per ottenere che la morte avvenisse in maniera molto cruenta.

Ti diverti sempre allo stesso modo durante le  riprese di scene splatter ?
Sono sempre felice mentre filmo una scena gore, anche se sono un po’ nervoso dato che sono cosciente sarà uno dei momenti guardati con più attenzione del film. Lavorare con il team KNB Effects, comunque, è grandioso! Questi ragazzi sono incredibili, Greg Nicotero e Howard Berger offrono sempre fantastici effetti di make-up; Greg sta ora dirigendo alcuni episodi di The Walking Dead, hanno lavorato su tutti i film di Tarantino e sapevano che puntavo al massimo del realismo.

E ‘una sorta di metafora che nel villaggio tutti gli animali, come maiali, sono in libertà e i cannibali  mangiano solo gli esseri umani?
Beh, io in realtà sono un attivista per i diritti degli animali, e amo i cannibal movie  italiani anche se a volte sono stati uccisi animali per farli. Ho così pensato che sarebbe stato bello fare un film in cui gli animali sono trattati meglio delle persone. Ecco perché i maiali sono gettati fuori dalla gabbia e gli umani sono imprigionati in mezzo alla merda di maiale. Considera comunque che nel villaggio dove abbiamo girato, gli animali camminavano liberamente ovunque.

Avere una donna, una sorta di una strega, come capo di un villaggio amazzonico è abbastanza insolito e inesatto.
Come ho detto, abbiamo fatto ricerche direttamente dal National Geographic, abbiamo visto un combinazioni di tribù brasiliane, venezuelane, peruviane; aree diverse, culture diverse e abbiamo studiato i make-up, la gerarchia nei villaggi, la loro architettura. Anche il make-up è un connubio di diversi colori visti in varie tribù. Casualmente abbiamo trovato questa fantastica attrice fuori da Lima, decisamente perfetta per interpretare il più anziano della tribù, non potevamo non utilizzarla.

Quanto ti infastidiscono le critiche di razzismo?
Tutti sono stupidi e ipocriti,si arrogano il diritto di essere nel giusto solo perché hanno un account su Twitter e vogliono chiamare gli altri razzisti. Cosa aspettarsi quando queste persone escono dal cinema declamando “Io non voglio apprezzare il film”? Non voglio essere visto come razzista. Questi personaggi idioti, non si comportano così per una giusta causa ma solo perché vogliono far figurare loro stessi come buonisti, della categoria che dice “Sono un tipo tosto e mi piacciono cose controverse, ma non mi piace il modo in cui gli indigeni sono stati dipinti”.

Pensi mai di tornare a dirigere un altro capitolo della saga di Hostel?
No, Hostel ha fatto parte di un certo periodo della mia vita, quando avevo 32 anni. Cabin Fever rappresenta me stesso a 22 anni e The Green Inferno a 40. E ‘stata una cosa inconsueta dirigere Hostel 2 ma ho voluto continuare la storia, ho pensato che avessi qualcosa in più da dire. Ma se altri vogliono continuare con il franchise mi sta bene.

The green inferno

Comunque si sta già pensando ad un sequel di The Green Inferno?
Sì, è intitolato Beyond the Green Inferno, ma questa volta  sarà Nicolás López a dirigerlo, io, Nicolàs e Amoedo a scriverlo. Ci siamo scambiati le sedie come già per Aftershock. Dopo aver esplorato tutto il Perù, ci siamo resi conto che esiste un universo ampio dove addentrarci, scoprendo ancora una volta le prfondità della giungla. Con Beyond the Green Inferno faremo un sequel sulle usanze dei selvaggi, salendo di livello, raggiungendo posti più oscuri, ignoti e selvaggi. Abbiamo imparato rapidamente che c’è un intero mondo di storie, leggende, miti e mostri in quella giungla. Sono entusiasta di consegnare le redini della regia a Nicolas, che ha ricoperto un ruolo fondamentale nel team creativo a partire dall’inizio del progetto e so che farà un film incredibile. Abbiamo impostato le basi per un intero universo di storie, siamo entrambi incredibilmente eccitati all’idea di raccontarle. Le riprese inizieranno quando la stagione delle piogge sarà conclusa e sarà sufficientemente sicuro per noi tornare lì con un’altra squadra. Siamo entusiasti di produrre il film con “Worldview Entertainment”, che è stato un incredibile partner, solidale fin dall’inizio e anche co-produttore di The Green Inferno.

Sei stato in qualche modo ispirato dal lavoro fatto con Quentin Tarantino e dalla vostra amicizia?
Certo, Quentin mi ha ispirato in molti modi, una delle sue cose migliori è che dirige senza monitor: non si siede su una sedia a guardare uno schermo televisivo ma si mette di fianco la cinepresa. Questo ha influenzato il modo in cui ho diretto The Green Inferno, senza monitor né sedia da regista, ho tenuto in mano una cinepresa correndo nella giungla di fianco all’altro cameraman. Ho sempre ammirato quello che Tarantino ha fatto con i suoi film, con le sue citazioni dei film chye ha sempre adorato ma in salsa moderna. Pensa a Kill Bill o Pulp Fiction o di come ha preso il film di Sergio Corbucci e lo ha trasformato in Django Unchained. Condividiamo lo stesso amore per il cinema di genere e film di genere italiani, entrambi adoriamo Ruggero Deodato, Umberto Lenzi, Enzo G. Castellari e altri.

Nei film horror sappiamo che i mostri, come i vampiri o zombie, sono una metafora per figurare qualcosa che accade nella nostra società. Cosa identificano i cannibali?
Questo lo lascio dedurre a voi, voglio dire di solito sono il pubblico o i critici cinematografici a trovare significati o sotto testi in quello che facciamo. In realtà credo che ora siamo diventati così tecnologicamente avanzati che ci si sente come se non ci fosse parte del mondo ancora da esplorare e, se nella vita reale si va su Yahoo, è possibile vedere immagini di uomini che abitano fuori dal mondo, come le tribù immortalate in The Green inferno. Penso che i cannibali siano un aspetto che sfugge dalla mente umana anche se si sa che l’uomo ha fatto di tutto, ed è incredibile come le torture più orribili siano accettate mentre, stranamente, il cannibalismo che potrebbe risolvere la fame nel mondo resta un tabù! Sto scherzando, naturalmente.

Dici di inserire inconsciamente un sotto testo politico o un messaggio nei tuoi film, puoi spiegarlo?
Credo che questo sia ciò che rende i film horror fantastici, quando c’è qualche messaggio celato dietro le immagini. Voglio avere paura quando vedo un film, ma una casa infestata non fa mai paura la seconda volta che la vedi; invece è davvero magnifico poter guardare un film diverse volte e scovare qualcosa che non hai notato la prima volta. E’ sorprendente nascondere un messaggio come sotto testo, sia per far pensare la gente sia per farla rivolgere ancora una volta verso il tuo lavoro, approfondendone la visione.

Posted in Interviste and News by Roberto D Onofrio on ottobre 3rd, 2015 at %H:%M.

Add a comment

No Replies

Feel free to leave a reply using the form below!


Leave a Reply


Featuring Recent Posts WordPress Widget development by YD

By continuing to use the site or clicking "OK" you agree to the use of cookies. Click on "Info" for more information. Proseguendo la navigazione sul sito o cliccando su "OK", autorizzi l'uso dei cookie. Premi su "info" per ulteriori informazioni. Info

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "OK" below then you are consenting to this. Un cookie è un breve testo inviato al browser di chi sta navigando da un sito web visitato, e serve a conservare informazioni utili a migliorare l'esperienza utente di navigazione (preferenze geografiche, autenticazioni al sito visitato, stato della sessione, ... ). Ogni cookie è unico per il browser di chi sta navigando. Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione mentre, in caso di utilizzo di elementi grafici che permettono condivisione dei contenuti sui social network/servizi da terze parti (esempio: mappe), questi sono impostati dai webmaster di tali siti per cui afferiscono a loro diretta ed esclusiva responsabilità della stessa terza parte. Chi sta navigando, quindi, può consultare eventuali informazioni sui rispettivi siti internet. Per negare l'utilizzo dei cookie occorre vedere quale browser si sta utilizzando e cercare nella sezione "Aiuto / Help" del browser come disabilitarli. Di seguito un link esemplificativo per disabilitarli su Google Chrome (https://support.google.com/chrome/answer/95647?hl=it)

X

© THROUGH THE BLACK HOLE 2012