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IL GIORNO CHE CHRISTO SALì SULLA CROCE – Domiziano Christopharo

Written by Giulio De Gaetano

Quel giorno una goccia aveva fatto traboccare il vaso e, siccome ci pensava già da tempo, Christo decise di salire sulla croce e non scendere più. Pinocchio, che era il suo migliore amico, quasi suo fratello, capì – sebbene non l’avesse mai provata – che quel vuoto dentro e attorno era ciò che si chiamava “solitudine”. Pinocchio conosceva bene suo fratello Christo, troppo bene per sperare che un giorno – forse fra un anno forse fra duemila – sarebbe sceso dal suo rifugio… di raggiungerlo l’idea neanche lo sfiorava.

“Che strana questa signora (o signor?) solitudine” pensò Pinocchio, “neanche il tempo d’essere soli che già si presenta! Però, non fa paura… la sua voce è quasi come la mia, anzi… sembra proprio la mia! Parla come me, a me, con me…” A questo punto della sua riflessione Pinocchio inveì in modo abominevole contro i suoi genitori, colpevoli ancora una volta di averlo fatto vivere con l’illusione di un terrore immotivato; era stato così con le storie dei tossici e dei Punk aggressivi sotto il metrò, capaci di rapirti o picchiarti senza motivo, o con le storie che… di notte è pericoloso andare in giro da soli ecc. Quando un certo giorno Pinocchio si trovò costretto a dover fare i conti con questi “pericoli” (un giorno che, forse, i suoi volevano non arrivasse mai) si rese conto che la realtà spesso è diversa da come ce la raccontano, e che la “tua” vita la puoi vivere solo tu e non gli altri.

Rotta la campana di vetro che lo avvolgeva, il nostro burattino si allontanò da casa e dallo sguardo vigile dell’occhio nel triangolo di suo Padre, che decise (puntiglioso e vendicativo com’era) di non proteggerlo più, anzi… Anzi… che cazzo di padre aveva Pinocchio… Christo sotto questo punto di vista (l’egoismo è una forma di cattiveria) aveva ripreso tutto da lui… a volte era difficile distinguerli; si pensò invece molto diverso da suo padre e ne fu felice e rattristato insieme. Forse sarebbe stato sempre tutto più facile. La solitudine, la sua nuova amica (o nuovo amico?) approvava… non gli dava mai contro, anche se non era mai rassicurante; con questo suo atteggiamento di non prendere mai una posizione, ma anzi, di crearne a volta delle nuove, era irritante! Eppure non la si poteva di certo odiare… aveva ragione, sempre! E tutti sappiamo quanto è difficile saper accettare la verità… tanto difficile, quanto trovare qualcuno disposto a rischiare un “chissàcchè” per dircela. Forse sarà stato per questo motivo che Pinocchio si affezionò così tanto alla sua nuova compagna (o compagno?) d’avventure. La presentò a tutti i suoi amici, e lei riuscì a fargli vedere tutto ciò che lui, in loro, non aveva mai notato… sempre così saggia? E lui sempre così ingenuo!

Tagliò i ponti con tutti e decise finalmente di iniziare a vivere. Sul suo percorso notò più volte altri balocchi come lui che gli tendevano la mano, ma… ormai no, non ci cascava più! E piuttosto che tornare a giocare con quel bimbo coglione al quale il dest… ehm cioè, suo Padre aveva deciso di affidarlo, si sarebbe rotto le gambe da solo! In ogni modo quello, da quando era diventato “più alto”, non lo aveva filato più… Pinocchio invece era sempre rimasto alto uguale… perché? Divenne molto amico con la Bottiglia che abitava nella dispensa, ‘che ad ogni ora la cercavi, ad ogni istante servisse… era sempre là! Alla solitudine la Bottiglia piaceva, anzi, gradiva molto che lei e Pinocchio si frequentassero… non glielo aveva mai detto esplicitamente, ma Pinocchio aveva notato che ultimamente lei li lasciava soli… e questo era un buon segno; amava la loro complicità. Finalmente la serenità aleggiava su quel volto, forzato in un’espressione sorridente “perenne ed involontaria” da altre mani, che non si erano neanche prese la briga di seguirlo ogni tanto… neanche per verificare se attorno a lui, il contesto era adatto per giustificare quel sorriso demente; ma troppo spesso era stato così fuori luogo da divenire imbarazzante. Sciocco, sì ma… c’è un tempo per tutto.

Ben presto la Bottiglia si rivelò… molto vuota e niente, neanche le sue forme sinuose riuscivano più a nasconderlo. Anche questa delusione…. In fondo, quello che aveva sempre desiderato gli era noto da sempre, e trovò conferma dal giorno in cui il fratello salì su quella cazzo di croce: lo avevano usato, sempre, tutti. Era sempre servito a qualcosa o a qualcuno, ma né a qualcosa, né a qualcuno era mai passato per la testa di chiedere a quella marionetta se era d’accordo… e dopo aver riempito i vuoti (fisici e mentali) di persone e scaffali, niente e nessuno si preoccupava di riempire i suoi; anche se non voleva, doveva dare, dare, DARE! Riceveva solo finché dava, ma questo non era ricevere… un po’ d’amore disinteressato non l’aveva mai avuto, ma questo lo rattristava poco, perché non conoscendolo, non gli mancava; forse. Aveva vacillato sotto i colpi di tempeste interne ed esterne, ma mai sotto il “brivido caldo” di un fuoco che scaldandogli il corpo arrivasse fino ad incendiargli l’anima! Aveva il suo gusto, certo, l’essere “manipolato”, ma in certe cose il vero piacere si conquista se si gioca in due, e Pinocchio lo sapeva bene. Il fuoco del camino lo chiamò a sé con una sensuale, morbida danza, e Pinocchio non se lo fece ripetere due volte: certe occasioni o si colgono al volo, o non tornano più! Con gli occhi bagnati (era colpa del fumo o erano vere lacrime?) Pinocchio iniziò finalmente a bruciare nell’estasi dell’abbandono che addentava fin nel profondo. Era felice? Era davvero, finalmente felice? Le fiamme attorno a lui si fecero leggermente colorate d’azzurro, più alte, magnifiche, ed il suo ultimo pensiero fu quello dedicato al lascivo fuoco che lo stava usando per farsi più grande, più ricco, più bello. In spirali di fumo saliva verso il comignolo una parte di Pinocchio… qualcosa divenne fuliggine e rimase per sempre in quel tunnel buio buio, mentre qualcosa riuscì ad arrivare fin sopra, dove un vento gelido se la rapì e ne fece la sua compagna di viaggio intorno al mondo. La cenere che l’indomani fu gettata al vento, in parte seguì il fumo nel suo viaggio, in parte fertilizzò, e in quell’albero che settanta anni dopo fu trasformato in merce di vario tipo, continuò a vivere ancora un po’ di Pinocchio: il suo cuore! La sua anima. Pinocchio dovette ancora cambiare nome, e non gli fu facile dopo settanta anni di “Noce” abituarsi a sentirsi chiamare “Sedia”… primo perché non ne capiva il senso, secondo perché Noce gli piaceva. Quando era Noce, c’era una bimba bellissima (e soprattutto era bella dentro) che parlava con lui e che forse era un po’ strega perché sembrava che losentisse risponderle… del resto lei aveva anche un’amica che lui nonriusciva a vedere, con la quale la bimba veniva sempre a prendere il Tè all’ombra delle sue fronde, mentre preparava delle “tortine” con la terra morbida che si trovava vicino alle radici.

Un giorno Pinocchio, cioè Noce, sentì il padre della bambina che diceva ad un altro signore che la figlia era… “ritardata”, e che questo non era buono. Buono o no, la bimba fu l’unica a piangere per Noce quando Noce fu abbattuto, e quella fu l’unica volta in cui Noce (o Pinocchio) pianse davvero, l’unica volta in cui quel piccolo cuore solo si sentì importante per qualcuno. Non pensò (o non volle ricordare) che in una delle sue cavità la bimba aveva nascosto il suo piccolo servizio da Tè, e che forse lei piangeva per quello; forse no, ma le circostanze non erano mai a favore della felicità di Noce… cioè, di Sedia. In natura niente è nuovo e tutto ridiventa nuovo… il carbonio che state consumando ora per leggere, ad esempio, potrebbe essere lo stesso che un tempo faceva parte di un Dinosauro o che più recentemente ha consentito il processo di fotosintesi di qualche Felce… una parte del dolore di Pinocchio (ciò che ne resta) continua a girare il mondo trasportata dal vento, mentre non è impensabile che un’altra parte sia ora in me, o… in te. è poco probabile forse, ma non impossibile. Christo ha trovato un’altra famiglia… a lui è andata meglio: si è fermato e si è messo a guardare gli altri; le gioie ed i dolori degli altri. E sebbene non abbia mai mosso un dito, sia quelli di prima sia quelli di adesso lo amano alla follia; la cosa più brutta (e Pinocchio lo sa) è che da quel giorno non ha mai più pensato al fratello, altrimenti lui l’avrebbe sentito. Sedia non sta bene, anche dalla sua nuova “posizione” vede un sacco di cose che non gli piacciono; è stufo di sopportare “il peso degli altri”, ma ora che di gambe ne ha quattro (senza contare l’esperienza), io credo che riuscirà ad andare un po’ più lontano… solo un po’, ma comunque… di “un po’” più vicino alla verità. Si, la VERITA!

Qual’è?! E che ne so, sembra sempre che si trovi più in là… La bimba ora riesce a leggere quello che vuole (senza esagerare), ma le sue letture preferite rimangono le fiabe; ha molto più di vent’anni, ma il suo cervello progredisce con lentezza, e quindi – spiritualmente – ne ha dieci… circa! La sua storia preferita è “Pinocchio”, e nessuno ha mai capito quanto lei preferirebbe il caro, vecchio, superato burattino alle bambole di plastica che i suoi distratti genitori le comprano ogni tanto per ricordarsi che hanno una figlia… Fate finta di niente se vi capita d’imbattervi in loro, soprattutto perché questi due cuori “perfetti” l’uno per l’altra, pur cercando la stessa cosa, ormai non si riconoscono neanche più. Meglio che vivano nei loro “sogni innocenti” la ricerca dell’amore e dell’affetto, piuttosto che – nella realtà – convincere la ragazza che il suo balocco è nella sedia, o far scoprire a Pinocchio che l’unica persona che l’amerebbe davvero è proprio quella cretina che a volte gli sale sopra con i piedi.

Posted in Letteratura and Racconti by Giulio De Gaetano on aprile 2nd, 2012 at %H:%M.

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