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DIARY OF THE DEAD – George A. Romero

Written by Giulio De Gaetano
RANK: 8/10

Jason sta girando un horror indipendente insieme ai suoi amici, colleghi al college di cinema della Pennsylvania. Durante una pausa vengono investiti dalle notizie dei telegiornali che riportano improvvise esplosioni di violenza in diverse città, apparentemente causate dal risveglio di alcune persone credute morte. Tornati al college lo trovano deserto … sono scappati tutti ad eccezione di Debra, la ragazza di Jason.

Il gruppo sale su un camper e si avvia verso la città cercando disperatamente di mettersi in contatto con i propri cari, ma la situazione si rivela immediatamente peggiore rispetto a quanto imbastito dai politici americani attraverso i media. L’unico modo per uscire dal caos di informazioni malamente servite è affidarsi alla rete ed al download dei filmati registrati dagli utenti di internet in maniera amatoriale. Jason decide di dare il proprio contributo girando un documentario intitolato “The Death of Death”.

Ci sono due modi diversi per approcciarsi al film, intrinsecamente legati alle aspettative che ogni fan (o meno) nutre nei confronti di Romero e della sua troupe: aspettarsi un quinto capitolo della saga degli zombi che possegga una certa continuity con i precedenti episodi (come sin ora fatto) oppure fantasticare una evoluzione delle circostanze sperando in un lampo di genio del regista. Ritengo che una grandissima fetta di spettatori si sia incanalata lungo la prima diramazione e, leggendo sulla rete le informazioni o i rumors relativi a Diary of The Dead, abbia pensato ad una variante dei recenti Cloverfield o Rec in versione zombesca. Ovvio che questo proposito offuscava molte speranze.

Dopo aver preso visione del film mi sono reso conto di quanto sbagliavo. Notevole come un regista non più sulla cresta dell’onda da tempo immemore, sia capace di reinventarsi e rischiare tutto a sessantotto anni suonati. È questo ciò che ha fatto Romero: rigenerarsi.

Diary of the Dead non è assolutamente un film da vedere con cipiglio meramente orroristico, qui gli zombi ci sono, ma per voler plasmare una materia diversa, per poterla riversare in un contenitore di ampio respiro estraneo a quello che tutt’oggi contiene pietre miliari come La notte dei Morti ViventiLa terra dei Morti Viventi. Non vi spaventate se scrivo che questa pellicola è parimenti una miscela di horror e dramma. Questo aspetto è imprescindibilmente legato non solo ad una sceneggiatura che illumina gradatamente, con passo lento quanto inesorabile (come quello degli zombi in oggetto), un declino parossistico e ineluttabile, ma anche ad una messa in scena a livello di regia, montaggio e scelte stilistiche in generale consona ad un film drammatico.

Per comprendere quest’aspetto partiamo dalla voce fuori campo di Debra che non si limita a narrare il dramma che via via si materializza davanti ai suoi occhi, ma ne esalta la presa di coscienza senza accettazione, il continuo mutare delle emozioni sino alla deflagrazione inevitabile nella caduta dell’ultima illusione (il ritorno a casa). La perdita dei cari, l’assioma di una realtà decomposta in sottili finiture che evaporano in diafani barlumi di quotidianità spezzati, l’impossibilità di nutrire chimere e la necessità di riempire quell’effimero vuoto che esplode dentro con la trasfigurazione delle immagini.

È questo che il regista vuole farci capire con la maniacalità di Jason che ha bisogno di riprendere ogni frame ogni dettaglio della fuga: uno squarcio di pellicola come realtà parallela dove atterrare senza patire dolori. Debra (e conseguentemente lo spettatore) lo rimprovera della sua ossessione, entrando nella vasta critica ai giovani di oggi ed al loro (nostro) bisogno di sentirsi protagonisti, o almeno di riscuotere quella parvenza di attenzione negato nella frenetica corsa alla sopravvivenza, che spesso si confonde con il consumismo.

La scusante del ragazzo è quella di mettere on-line il suo documentario per cercare di aiutare altri utenti a sopravvivere, infatti Romero lamenta come i mass-media siano totalmente soggiogati al ruolo dei potenti che manipolano l’informazione in un magmatico “noise” informatico che bistratta l’utente, facendogli capire che qualcosa di terribile sta accadendo senza minimamente spiegargli cosa, rendendolo quindi inerme. Anche in questo caso il processo di caratterizzazione di Jason è asservito alla deframmentazione dell’essere umano, incapace pure nel momento della propria morte di discernere la dolorosa fine dall’immaginario mondo interiore.

Emblematica una frase pronunciata da Debra riguardo il voyeurismo morboso che annebbia spesso i sensi del pudore (non mettendone in ballo altri): afferma che sopraggiungendo nel luogo di un incidente automobilistico “ … we don’t stop to help, we stop to look” (non ci fermiamo ad aiutare, ci fermiamo per guardare).

La hand-camera è maneggiata in maniera professionale (c’è chi sicuramente criticherà questo aspetto), non aspettatevi assolutamente un feroce mal di mare, come quello provocato in Cloverfield o The Blair Witch Project. L’uso di primi piani, immagini in bianco e nero o al rallentatore contribuiscono a dipingere i toni drammatici della vicenda; gli attori non sono tutti perfetti ma si sforzano di recitare la loro parte al massimo delle loro capacità. In tal senso non manca l’autoironia, non dimentichiamo che il film è indipendente, slegato da ogni sorta di contratto con major che avrebbero assicurato un budget molto più consistente ma ne avrebbero snaturato il colore che il regista ha dato. Dubito fortemente che una grossa casa di distribuzione avrebbe permesso a Romero di realizzare quanto fatto, così apparentemente distante dalle aspettative di un pubblico spesso poco incline alle novità.

Gli zombi godono di un make-up veramente ben realizzato, tuttavia la scelta del digitale in diverse situazioni offre risultati al limite del ridicolo (problema di gusto o buon senso?) e non capisco perché proprio un artigiano di vecchia generazione come Romero si sia affidato a tale mezzo, senza ricorrere a trucchi simili a quelli ideati dal geniale Tom Savini. Il sangue scorre abbondante e proprio la cupezza della situazione insinua un tipo di violenza che supera il solo livello visivo (comunque non trascurato dal regista). Anche la colonna sonora minimalista accompagna con tastiere e voci femminili l’ombroso stato d’animo che aleggia tra i sopravvissuti.

Il finale del film lascia aperte diverse porte (come quello de La terra dei Morti Viventi d’altronde), lasciando pensare ad un sequel che ne concluda le vicende. Sicuramente una pellicola che subirà feroci critiche da parte dei fan più oltranzisti (ribadisco che gli zombi e lo splatter stavolta non sono i protagonisti) ma che aiuta un sottogenere a nutrirsi di nuova linfa. Cupo e apocalittico, malinconico e violento. Decisamente oltre ogni aspettativa.

RANK: 8/10
Regista/Director: George A. Romero
Cast: Shawn Roberts, Michelle Morgan, Joshua Close, Alan van Sprang, Joe Dinicol, Amy Lalonde, Megan Park, Chris Violette
Usa 2007

Posted in Horror and Top movie by Giulio De Gaetano on aprile 17th, 2013 at %H:%M.

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